Mediazione tributaria con Equitalia: come funziona e per quali debiti

L’istituto della mediazione tributaria con Equitalia è stato introdotto con l’art. 39, c.9, del d.l. n. 98/2011, che ha introdotto l’art. 17-bis nel d.lgs. n. 546/1992. Successivamente, l’istituto è stato modificato con l’art. 9, c.1, lett. l), del d.lgs. n. 156/2015 e con l’art. 10 del d.l. n.50/2017.

Fin dalla sua ideazione, l’obiettivo dello strumento è stato quello di ridurre il contezioso tributario e prevenire le controversie che possono essere risolte senza il ricorso al giudice. Ma in che termini?

Cerchiamo di comprendere quali siano le liti ricomprese nella mediazione tributaria con l’Agente della Riscossione e come funziona.

Quali sono le controversie oggetto di mediazione tributaria

L’istituto della mediazione tributaria è applicato alle controversie che hanno un valore non superiore a 50.000 euro (il limite è stato ridefinito nel 2017, ex 20.000 euro), relativo a tutti gli atti impugnabili. Il ricorso a questo istituto produce gli effetti del reclamo e può contenere la proposta di mediazione con rideterminazione dell’ammontare della pretesa.

Dal 2016, in seguito alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 156/2015, la mediazione ha subito un ulteriore allargamento della platea delle controversie relative all’Agenzia delle Entrate – Riscossione ex Equitalia, tanto che oggi può riguardare, tra le altre, quelle riconducibili a:

  • avviso di accertamento e notifica Equitalia
  • avviso di liquidazione
  • provvedimento che irroga le sanzioni
  • ruolo
  • rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie e interessi o altri accessori non dovuti
  • diniego o revoca di agevolazioni o rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari
  • cartelle di pagamento per vizi propri
  • fermi di beni mobili registrati (articolo 86 del Dpr n. 602 del 1973)
  • iscrizioni di ipoteche sugli immobili (articolo 77 del Dpr n. 602 del 1973)
  • ogni altro atto per il quale la legge preveda l’autonoma impugnabilità innanzi alle Commissioni tributarie.

Ancora, possono essere oggetto di impugnazione le controversie relative al silenzio rifiuto alla restituzione di tributi, sanzioni, interessi o altri accessori.

Quando non è proponibile l’istanza di mediazione tributaria

Di contro, l’istituto della mediazione tributaria non può essere utilizzato nelle ipotesi di controversie:

  • di valore superiore a 50.000 euro
  • di valore indeterminabile (salvo quelle di natura catastale, concernenti il classamento degli immobili e l’attribuzione della rendita catastale)
  • riguardanti atti non impugnabili
  • di provvedimenti emessi ai sensi dell’articolo 21 (“Sanzioni accessorie”) del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472
  • riguardanti istanze di cui all’articolo 22 (“Ipoteca e sequestro conservativo”) del D.Lgs. n. 472 del 1997.

Considerato che l’importo della controversia risulta essere una fondamentale discriminante, ricordo come il valore debba essere determinato in relazione a ogni atto impugnato, ed è dato dall’importo del tributo contestato dal contribuente con l’impugnazione, al netto degli interessi, delle eventuali sanzioni e di ogni altro eventuale accessorio.

Nell’ipotesi di impugnazione esclusiva di atti di irrogazione delle sanzioni, allora il valore della controversia sarà inteso come sommatoria di queste.

Come richiedere la mediazione tributaria

L’istanza contenente la richiesta di mediazione tributaria deve essere inviata alla Direzione regionale o provinciale o al Centro operativo dell’Agenzia delle entrate competenti oppure presso l’Ufficio provinciale – Territorio, con le stesse modalità del ricorso qui indicate.

Insomma, con queste caratteristiche l’istituzione del reclamo/mediazione tributaria ben si inserisce all’interno di una serie di strumenti che vengono predisposti dal legislatore come mezzi deflativi rispetto al processo tributario vero e proprio, così come quelli dell’autotutela, dell’acquiescenza, dell’accertamento con adesione.

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