Legge fallimentare piccolo imprenditore: definizione e caratteristiche

Oggi tratteremo di un argomento estremamente richiesto, ossia la legge fallimentare piccolo imprenditore.

Il piccolo imprenditore è una figura molto diffusa nel panorama economico italiano, e sulla quale sia il codice civile che la legge fallimentare hanno ritenuto di occuparsi in modo dedicato.

In particolar modo, il codice civile distingue tra il piccolo imprenditore e l’imprenditore medio-grande sulla base delle dimensioni della sua impresa, oltre che sulla prevalenza del lavoro familiare. Nel caso della legge fallimentare, invece, la definizione di piccolo imprenditore si può ottenere per “differenza”, considerato che il provvedimento stabilisce alcuni parametri sotto i quali l’imprenditore non è assoggettabile al fallimento, potendosi così definire – in sintonia con il codice civile – piccolo imprenditore. Cerchiamo di saperne di più!

Legge fallimentare piccolo imprenditore: chi è?

Per rispondere alla domanda “chi è il piccolo imprenditore per la legge fallimentare”, possiamo iniziare richiamando la definizione di piccolo imprenditore secondo il codice civile.

In particolar modo, sulla base dell’art. 2082 c.c. “è imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni e servizi”. In questa definizione rientrano gli imprenditori agricoli (art. 2135 c.c.), gli imprenditori commerciali (art. 2195 c.c.) e il piccolo imprenditore (art. 2083 c.c.)”.

Tale distinzione non è certo casuale, considerato che a ciascuna categoria di imprenditore saranno ricollegati diversi quadri normativi. 

Nel caso del piccolo imprenditore nel codice civile, per esempio, costui:

  • è soggetto alla disciplina generale dell’impresa e non a quella dell’imprenditore commerciale;
  • non deve rispettare l’obbligo di tenuta scritture contabili;
  • non è soggetto al fallimento e alle altre procedure concorsuali;
  • si iscrive al Registro delle imprese con sole funzioni di pubblicità notizia.

Ciò premesso, il successivo art. 2083 c.c. afferma che i piccoli imprenditori sono “i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia”.

Dunque, i requisiti affinché si possa parlare di piccolo imprenditore diventano:

  • la prestazione del proprio lavoro nell’impresa;
  • la prevalenza del proprio lavoro e di quello di eventuali familiari rispetto al lavoro di terzi e al capitale.

Legge fallimentare piccolo imprenditore, come si distingue?

Passiamo dunque alla breve analisi della definizione di piccolo imprenditore nella legge fallimentare. Già per l’art. 1 legge fallimentare il piccolo imprenditore può essere indicato su basi dimensionali, considerato che viene stabilito che l’imprenditore non è soggetto al fallimento e può dunque definirsi piccolo imprenditore se:

  • nei tre esercizi precedenti l’istanza di fallimento ha avuto un attivo patrimoniale non superiore ai 300.000 euro;
  • nei tre esercizi precedenti l’istanza di fallimento ha generato ricavi lordi non superiori ai 200.000 euro l’anno;
  • il suo ammontare di debiti non p superiore a 500.000 euro.

Nel caso in cui l’imprenditore non rispetti tali requisiti dimensionali potrà dunque definirsi piccolo imprenditore agli occhi della legge fallimentare, e non essere assoggettato a fallimento e altre procedure concorsuali.

Naturalmente, questo non significa che il piccolo imprenditore non risponda con il proprio patrimonio dinanzi ai debiti contratti per l’esercizio dell’impresa. 

Proprio per questo motivo, nel caso in cui tu sia un piccolo imprenditore e ritenga di essere schiacciato dal peso dei troppi debiti, ti consigliamo fin da subito di prendere contatti con uno specialista nella risoluzione delle condizioni di sovraindebitamento, il quale saprà certamente accompagnarti con piena consapevolezza ed efficacia nel percorso di uscita da tale scenario di eccessive passività.

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