Nell’ambito più generale di come cancellare il pignoramento, questo articolo affronta il tema della falcidia e della ristrutturazione dei debiti per i quali il creditore abbia già ottenuto un’ordinanza di assegnazione di una quota dello stipendio, del TFR o della pensione, e ci si chiederà se a seguito dell’omologa del piano del consumatore si potrà ottenere l’ inefficacia dei pagamenti successivi.
Ci si domanderà in particolar modo se tali somme, già oggetto di un’ordinanza di assegnazione da parte del giudice dell’esecuzione, siano da considerare falcidiabili o ristrutturabili all’interno di un piano del consumatore oppure no.
Preme da subito rilevare che il tema ha un grande interesse poiché frequenti sono i casi in cui un soggetto sovraindebitato si rivolge ad un organismo di gestione della crisi dopo che il creditore ha ottenuto un’ordinanza di assegnazione della quota della pensione e dello stipendio. Preme altresì da subito rammentare che non vi è uniformità giurisprudenziale e che vengono contrapposti due opposti orientamenti.
Come cancellare il pignoramento: la questione di legittimità costituzionale
Accanto al contrasto giurisprudenziale si pone anche la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Livorno 30 marzo 2021, del nuovo art. 8 comma 1-bis della L. 3/2012, introdotto dal DL 137/2020 conv. L. 176/2020 con riferimento all’art. 3 della Cost. poiché tale norma, applicabile alle procedure pendenti al 25 dicembre 2020, contempla solo la falcidiae la ristrutturazione dei debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del TFR o della pensione, e dalle operazioni di prestito su pegno ma non contempla la falcidia e la ristrutturazione dei debiti per i quali il creditore abbia già ottenuto una ordinanza di assegnazione.
La violazione con l’art. 3 della costituzione il 30 marzo 2021 è stato sollevato proprio nella parte in cui il nuovo art. 8 di sopra non contempli la falcidia di tali ultimi crediti già definiti da una procedura esecutiva parallela.
Lo stesso Tribunale di Livorno, dando seguito a quegli orientamenti giurisprudenziali che stabiliscono che l’assegnazione deve avere il sopravvento sulla procedura di sovraindebitamento (v. anche tribunale di Milano, con ordinanza del 09.07.2017), nelle motivazioni giustifica la tesi sfavorevole al debitore – ricorrente con quattro argomentazioni.
Le argomentazioni della pronuncia
Le argomentazioni sono le seguenti:
- la L. n. 3/2012 non prevede nessuno strumento di revoca né richiama espressamente l’art. 44 l.f.,;
- il tribunale non può fare cessare gli effetti di un’ordinanza di assegnazione definitiva, caso non espressamente regolato dalla legge;
- non può darsi luogo all’applicazione in via analogica – in ragione della natura concorsuale del piano del consumatore – delle disposizioni dettate in materia fallimentare ed in particolare dell’art. 44 del RD 267/42 secondo cui “tutti gli atti compiuti dal fallito e i pagamenti da lui eseguiti dopo la dichiarazione di fallimento sono inefficaci rispetto ai creditori” poiché, nel piano del consumatore, non si verifica uno spossessamento dei beni del debitore, mentre l’art. 44,circa l’inefficacia dei pignoramenti, è diretta conseguenza del vincolo di indisponibilitàdi cui all’art. 42 del RD 267/42;
- aggiunge il tribunale che in materia di concordato preventivo (procedura concorsuale per molti versi analoga al piano del consumatore), la giurisprudenza ha chiarito come, non operando alcuno spossessamento del debitore, non può trovare applicazione l’art. 44 del RD 267/42 e, quindi, non si può privare di efficacia le ordinanze di assegnazione anterioriall’iscrizione della domanda di concordato, restando validi e dovuti i pagamenti eseguiti anche successivamente .
Le altre decisioni dei tribunali
In tale tematica anche se si attende la pronuncia della Corte costituzionale, la quale con una sentenza additiva può dichiarare l’illegittimità costituzionale della disposizione di legge nella parte in cui il testo non prevede qualcosa che invece dovrebbe prevedere, preme rilevare che accanto all’orientamento che afferma la prevalenza dell’ordinanza di assegnazione rispetto al decreto che omologa il piano del consumatore se ne registra un altro che porta a tutte altre conclusioni.
Ci riferiamo alle altrettanti autorevoli decisioni dei tribunali di Verona 7/2017, Tribunale di Grosseto, 9 maggio 2017, nonché Tribunale di Livorno, 15 febbraio 2017.
A tal proposito il tribunale di Livorno stabilisce che
con riferimento alle lacune di disciplina nella legge 3/2012 appare senz’altro consentito applicare in via analogica le disposizioni in tema di fallimento ed altre procedure concorsuali che regolano analoghe fattispecie,
E, in proposito, la Suprema Corte, tenendo conto di quanto disposto dall’art 42 LF (a mente del quale “sono compresi nel fallimento anche i beni che pervengono al fallito durante il fallimento’) proprio in relazione alla cessione di crediti futuri, vengono quindi ad esistenza solo dopo l’apertura della procedura (come quello stipendiale), ha più volte sostenuto che gli stessi entrano a far parte dell’attivo fallimentare, da liquidare a favore dei creditori concorsuali (cfr Cass. 551/12), con conseguente inopponibilità della relativa cessione alla procedura.
Principio che, per analogia, può ben trovare applicazione nella analoga fattispecie somme già assegnate in forza di un ordinanza ad un creditore, che si presenti in caso di procedura di sovraindebitamento, considerando che ai sensi dell’art. 12biS, c. 7 legge 3/12 l’omologa del piano comporta effetti equiparati all’atto di pignoramento (cosi come il fallimento comporta un effetto di pignoramento generale su tutti i beni del fallito, con vincolo alla soddisfazione dei sui creditori).
Orbene il tribunale Livornese parte dalla considerazione che l’assegnazione da parte del giudice dell’esecuzione, anche se definitiva con ordinanza, può essere equiparato alla cessione di un credito.
Infatti, come in caso di cessione, in caso di ordinanza di assegnazione, si ha una modificazione soggettiva del rapporto creditorio ( in cui creditore assegnatario o cessionario subentra al terzo nel credito futuro) con effetto liberatorio posteriore, condizionato all’effettiva riscossione pro solvendo.
Orbene il creditore sarà soddisfatto salvo esazione salvo effettiva riscossione del credito futuro nel momento in cui verrà a esistenza (pro solvendo).
L’assegnazione del credito
L’art. 2928 c.c., rubricato assegnazione di crediti, dal canto suo, prevedendo che “se oggetto dell’assegnazione è un credito, il diritto dell’assegnatario verso il debitore che ha subito l’espropriazione non si estingue che con la riscossione del credito assegnato”.
Tale articolo ribadisce che l’effetto del trasferimento con ordinanza di assegnazione ha una efficacia pro solvendo per maggiormente tutelare il creditore, garantendogli in caso di mancata riscossione, la possibilità di intraprendere un nuovo procedimento esecutivo in base al medesimo titolo (cfi-, ancora Cass. 10820/2020 e Cass n. 26036 del 29/11/2005, Cass. Ord. n. 11660 del 07/06/2019).
Se così è allora non deve essere riconosciuta all’ordinanza di assegnazione altro effetto se non quello previsto dalla normativa, consistente in un trasferimento del credito pro solvendo, e non essendo i crediti futuri ancora riscossi e venuti ad esistenza rimangono nella disponibilità del debitore in quanto il trasferimento al creditore avverrà solo al momento della riscossione.
La decisione del tribunale di Brescia
A confermare tale ordine di idee è lo stesso tribunale di Brescia, decisione del 23 giugno 2017, il quale ha affermato che
il pignoramento del quinto dello stipendio si esegue man mano che lo stipendio viene accreditato al debitore e potrebbe venir meno qualora ad esempio il debitore non percepisca più lo stipendio, tant’è che in questo caso il credito tornerebbe a essere semplicemente chirografario, per cui atteso che nel caso di specie le somme già percepite dal creditore in forza del citato pignoramento non vengono toccate, solo il residuo credito viene pagato secondo le condizioni previste dal piano (…).
Tale decisione ci consente di affermare che nel caso in cui il giudice dovesse consentire la falcidia e la ristrutturazione dei debiti già oggetto di ordinanza di assegnazione all’interno di un piano del consumatore gli stessi possono essere considerati chirografari.
Queste decisioni, di segno opposto alle precedenti, partono da una diversa considerazione poiché se il piano del consumatore non dovesse consentire la ristrutturazione dei debiti già oggetto di ordinanza di assegnazione, nell’ambito di un pignoramento presso terzi, si verrebbe a creare non solo una violazione al principio della par condicio creditorum, per cui creditori di rango inferiore verrebbero preferiti e soddisfatti maggiormente rispetto ai creditore privilegiato o prelatizio con pegno o ipoteca, ma lo stesso piano del consumatore, prederebbe la sua funzione tipica che è quella di consentire al soggetto di ottenere l’esdebitazione e di ristrutturare la propria posizione debitoria.
Le limitazioni alla destinazione del patrimonio
A tale riguardo si sottolinea come la L. 3/2012 detta solo 3 limitazioni alla destinazione di tutto il patrimonio al soddisfacimento dei creditori concorsuali, per favorire il soddisfacimento prioritario dei crediti:
- impignorabili;
- Iva e ritenute (norma modificata con la nuova legge 176 del 2020);
- privilegiati nei limiti del valore dei beni destinati a soddisfarli.
I crediti già oggetto di ordinanza di assegnazione a seguito di un pignoramento presso terzi non sono ricompresi in queste eccezioni e pertanto nulla impedisce che siano trattati alla stregua di tutti gli altri ai quali il debitore riserva il patrimonio secondo principi di par condicio creditorum.
Si allude all’art.. 553 c.p.c., rubricato Assegnazione e vendita di crediti, che dispone che “l’assegnazione è pronunciata salvo esazione ai creditori concorrenti”. Tale articolo richiede che sia rispettata la concorsualità dei creditori e il principio della par condicio creditorum, principi che non verrebbero rispettati se tali somme, oggetto di ordinanza di assegnazione, non dovessero essere ricomprese nelle determinazioni del piano del consumatore.
Oltre alla violazione di tale principio potrebbe essere compromesso anche quel minimo vitale che la legge 3/2012 vuole riconoscere allo stesso debitore poiché non essendo disponibili le somme già assegnate, il debitore potrebbe vedere compromessa la propria proposta di piano del consumatore specie con riferimento alla soddisfazione dei creditori prelatizi svuotando l’obiettivo della norma che è quello di consentire la composizione di sovraindebitamento e il sostentamento delle spese familiari.
Il principio di universalità e concorsualità
Muovendo da tale ratio ispiratrice i tribunali di Grosseto, 9 maggio 2017, di Livorno il 15 febbraio 2017, il tribunale di Brescia 23 giugno 2017 hanno affermato che
con l’omologazione del piano del consumatore, in virtù del principio della par condicio creditorum (immanente in tutte le procedure concorsuali quali sono quelle relative al sovraindebitamento del debitore non fallibile), il pignoramento del quinto dello stipendio, cessa definitivamente e il credito residuo sarà pagato secondo le condizioni previste dal piano.
Tali decisioni recepiscono il principio di universalità e di concorsualità, anche nel piano del consumatore, per cui devono essere travolte tutte le obbligazioni precedenti piegandole all’unica procedura con cui viene dato ordine ai pagamenti sulle basi nuove della parità di trattamento e della graduazione delle cause di prelazione.
D’altronde la conservazione del diritto di un solo creditore, per di più chirografario, su una quota del patrimonio del debitore costituirebbe uno iato di difficile conciliazione con il sistema e con i principi sopra esposti.
Infatti, proprio dalla concorsualità della procedura consegue inevitabilmente il principio per cui i crediti debbano intendersi interamente scaduti al momento dell’apertura del concorso dei creditori, con l’effetto che la prosecuzione di un mutuo o di un finanziamento erogato dietro cessione del quinto dello stipendio, o un credito già assegnato in forza di un’ordinanza, sarebbe inammissibile risolvendosi in una lesione della richiamata par condicio.
Peraltro la stessa Cassazione con la sentenza n. 1227/2016, sebbene pronunciata nel solco della Legge Fallimentare, è giunta ad applicare l’art. 44 della l.f. facendo però riferimento ai principi par condicio, di segregazione e di concorsualità. Principi che alimentano la stessa legge sul sovraindebitamento.
L’inefficacia degli atti compiuti dal fallito
La giustificazione della lettura che i giudici di legittimità svolgono dell’art. 44 l.fall. sembra erigersi su un principio senz’altro immutabile, principio cardine di tutto l’ordinamento concorsuale secondo cui “tutti gli atti compiuti dal fallito e i pagamenti da lui eseguiti dopo la dichiarazione di fallimento sono inefficaci rispetto ai creditori”.
Non è condivisibile l’argomento secondo il quale l’art. 44 della l.f. non si applica al concordato preventivo e, dunque, a maggior ragione non può applicarsi al piano del consumatore con riguardo alle somme già oggetto di ordinanza di assegnazione.
A tal proposito, in tema di concordato, in realtà, la giurisprudenza, aveva colmato tale discrasia facendo ricorso ai principi regolatori della materia stabilendo che :
in presenza di ordinanza di assegnazione antecedente alla pubblicazione del ricorso per concordato, il creditore (accipiens) sia tenuto a restituire alla massa dei creditori le somme che abbia percepito dal terzo pignorato (debitor debitoris) in forza del provvedimento di assegnazione (trib. di Livorno, 4/02/2014, in i1caso.it. n. 10232; Cass. Civ. 24476/2010).
Allo stesso modo,
se anteriormente. alla domanda di concordato preventivo, nell’ambito di un procedimento di espropriazione presso terzi , un creditore del proponente ha ottenuto l’assegnazione di una somma dovuta dal terzo al debitore ma non il pagamento, nel procedimento di concordato, preventivo a detto creditore è preclusa ai sensi dell’art. 168 L.E la prosecuzione dell’azione esecutiva conseguendone che l’assegnazione di somme non è di fatto opponibile alla massa dei creditori ed il creditore che, in adempimento dell’ordinanza a di assegnazione dovesse ottenere il pagamento da parte delle somme sarebbe comunque tenuto a restituire alla procedura quanto indebitamente conseguito (Cass. Civ. 14738/2007).
Tali decisioni stabiliscono definitivamente anche in tema di concordato preventivo l’eventuale ordinanza di assegnazione non è opponibile alla procedura e tali somme devono essere comprese nel piano. Se è così, anche nel concordato preventivo, non si intende perché non dovrebbe essere anche per il piano del consumatore.
Del resto è proprio l’art. 12 delle preleggi che consente di colmare le lacune normative a con riguardo alle disposizioni che regolano materie analoghe (eadem ratio) o se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico.
Orbene come accade per i fallimenti anche l’accordo di composizione della crisi e il piano del consumatore si caratterizzano per i principi sopra considerati (concorsualità, universalità e di par condicio) e si viene a creare un vincolo di destinazione sul patrimonio del debitore opponibile ai terzi, con spossessamento attenuato.
Se così è allora non si può escludere l’applicazione analogica anche dello stesso art. 44 della l.f.
L’applicazione analogica
Non vale come argomentazione contraria il fatto che entrambe le leggi, sia quella del sovraindebitamento e sia i. R.D.267 del 42 sono entrambe Lex Speaiclias e non è consentita l’applicazione analogica.
A tal proposito certamente li legislatore con la legge 3/2012 non si è avvalso della tecnica del rinvio alle norme della legge fallimentare e non ha nemmeno predisposto una norma di chiusura in tal senso.
Tuttavia è indirizzo giurisprudenziale consolidato che, con riguardo alle lacune normative, le stesse possono essere colmate con la l.f. in quanto la legge n. 3/12 ha introdotto istituti con caratteristiche compatibili con quelli previsti della legge fallimentare (v. Trib. Mantova, 29 maggio 2018 e Trib. Rovigo 13 dicembre 2016).
Tale rinvio inoltre è consentito non soltanto facendo riferimento alla eadem ratio della disciplina fallimentare o ai principi regolatori della materia ma anche facendo riferimento ad una interpretazione evolutiva della stessa legge 3/2012.
Il nuovo Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, ha messo fine allo stato di incertezza disponendo all’art. 65, comma 2, che “si applicano, per quanto non specificamente previsto dalle disposizioni della presente sezione, le disposizioni del titolo III, in quanto compatibili”.
La disciplina del procedimento di dichiarazione della liquidazione giudiziale e di quello di concordato preventivo è dunque per la prima volta designata quale lex generalis cui attingere per colmare eventuali lacune.
Nel nostro caso concreto tale codice della crisi di impresa e dell’insolvenza può essere definito come quell’agente esterno che giustifica quei cambiamenti, sociali, storici e linguistici avvenuti nel nostro ordinamento e in base ai quali la legge n.3/2012 deve essere interpretata.
Nel caso della falcidia e ristrutturazione delle somme già oggetto di assegnazione al creditore con ordinanza da parte del giudice dell’esecuzione e a seguito della questione di legittimità costituzionale sollevata dal tribunale di Livorno, a parere dello scrivente, c’è una certa fiducia che la Corte Costituzionale, recependo i principi regolatori della materia, emani una sentenza di accoglimento manipolativa- additiva che colpendo la disposizione «nella parte in cui non prevede» un qualcosa provveda essa stessa all’aggiunta di quel frammento di norma oggetto del giudizio, che nel caso concreto sarà ,l’aggiunta, all’art. 8 comma 1-bis della L. 3/2012 della frase “…è consentita al pari della falcidia dei debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto anche la falcidi dei debiti già oggetto di ordinanza di assegnazione”.
Questa fiducia è supportata dalla stessa ratio della legge 3/2020 che è quella di umanizzare la responsabilità eterna patrimoniale del debitore ex art. 2740,laddove il merito creditizio ha fallito, consentendogli di accedere nuovamente ai beni di prima necessità e soprattutto poter nuovamente far fronte ai bisogni e alle esigenze di sostentamento delle spese familiari .
D’altronde lo stesso art. 25 della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo di cui gli art. 2,29 e 143 della cost sono portatori, stabilisce che “ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari”.
Di diretta discendenza ai doveri di solidarietà familiare e sociale (art. 2 e 29 comma 2 cost, 143 c.c.) è l’art. 9 co.2 l. 3/2012 che prevede il deposito dell’elenco delle spese familiari dando una priorità alla famiglia rispetto al debito.
Se così è la stessa Corte Costituzionale potrà dare una più efficacia tutela non solo ai principi di concorsualità, universalità e di par-condicio tra i creditori prima esposti ma potrà nuovamente rivestire il debitore di una nuova dignità.
AVV. MARIANO GUZZO