Introdotto dal d.l. 118/2021, il concordato semplificato è uno strumento che rientra a pieno titolo all’interno delle procedure di composizione della crisi, proponendosi in maniera distinta e autonoma al più conosciuto concordato preventivo ordinario.
Ricordiamo infatti che, come previsto dalle attuali normative in tema, lo stato di difficoltà permette all’imprenditore di ricorrere a questo strumento nel caso in cui la procedura di composizione negoziata sia terminata con esito negativo, ovvero nelle ipotesi in cui l’esperto coinvolto nella procedura cui si è appena fatto cenno dichiari che le trattative svolte non sono andate a buon fine e che sia dunque stato impossibile giungere alla risoluzione della crisi con gli strumenti negoziali ex art. 11 co. 1 e 2 del d.l. 118/2021.
Introdotto quanto sopra, è ben lecito affermare che il concordato semplificato sia una delle principali innovazioni del già rammentato d.l. 118/2021. Ma quali sono i requisiti per il concordato semplificato? E che novità apporta?
Proviamo a sintetizzarle.
Una procedura subordinata all’esito della composizione negoziata
Della prima caratteristica abbiamo in parte già detto: il concordato semplificato non è una figura di concordato autonomo a cui il debitore può accedere in maniera diretta, bensì una procedura il cui accesso è subordinato al fatto che l’imprenditore abbia avviato la composizione negoziata e l’esito delle trattative sia stato negativo.
A stabilirlo è l’art. 18 co. 1 del decreto, laddove sottolinea come l’imprenditore abbia la facoltà di proporre una ipotesi di concordato per cessione dei beni nei successivi 60 giorni dalla trasmissione della relazione redatta dall’esperto attraverso cui si dichiara che le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede e non hanno avuto esito positivo, e che le soluzioni di cui all’art. 11 co. 1 e 2 non sono praticabili.
Il decreto ha poi aggiunto all’art. 11, co. 3, che al debitore è concessa l’opportunità di proporre la domanda di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all’art. 18 del presente decreto, all’esito delle trattative, intendendo per tale la presentazione della relazione dell’esperto che dia atto dell’impossibilità di un accordo con i creditori.
La sostanza del concordato liquidatorio
Un secondo elemento che occorre analizzare sul tema è che il concordato semplificato può assumere solamente i tratti del concordato liquidatorio.
A suggellarlo è l’art. 18 del provvedimento, secondo cui il concordato semplificato consiste in “una proposta di concordato per cessione dei beni unitamente al piano di liquidazione e ai documenti indicati nell’articolo 161, secondo comma, lettere a), b), c), d) del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267£.
In altri termini, l’accesso a questa tipologia di concordato risulta essere possibile solo se, tenuto conto della mancata ipotesi di accordo con i creditori o di ricercare probabili soluzioni concordate, l’unica strada percorribile sia quella della liquidazione del patrimonio.
Una figura giuridica a sé
Il terzo e ultimo principale tratto distintivo del concordato semplificato è che tale figura giuridica non è certo inquadrabile in una sottocategoria del concordato preventivo ordinario, bensì come uno strumento autonomo.
Sebbene vi siano disposizioni e richiami alle norme stabilite per l’ordinario concordato preventivo, manca di fatti un rinvio generalizzato alle stesse: dunque, le disposizioni del concordato preventivo trovano applicazione anche per il concordato semplificato solamente se sono espressamente richiamate.
Insomma, con queste prerogative il concordato semplificato può oggi porsi come uno dei tanti strumenti giuridici che il legislatore ha previsto per permettere all’imprenditore di trovare una risoluzione della crisi, dagli accordi per la ristrutturazione del debito alle forme di concordato preventivo ordinario, a cui accedere in via diretta. La scelta dell’uno o dell’altro percorso non potrà che dipendere da un’accorta analisi del singolo caso, per approfondire il quale invito tutti i lettori a un contatto.