Ristrutturazioni del debito: applicazione e tipologie di accordo

Un piano per le ristrutturazioni del debito è possibile in quanto previsto come mezzo di risanamento alla quale l’impresa in crisi può ricorrere al fine di ridurre al meglio l’esposizione debitoria e ritrovare un riequilibrio che gli permetta di risanare la situazione finanziaria.

Gli accordi di esecuzione di un piano di ristrutturazione del debito sono soggetti all’omologazione del tribunale e certificato attraverso la relazione di un professionista del debito abilitato che verifichi la veridicità dei dati e attuabilità di un’intesa.

La ratio principale, come riportato dagli articoli del Decreto Legislativo 14/2019 è quella di riuscire a salvare l’impresa, sanare la crisi e garantire anche ai creditori un soddisfacimento parziale del credito. Con l’accordo di ristrutturazione l’imprenditore continua a dirigere la sua imprese con un patrimonio assistito da tutele in grado di permettergli il risanamento.

Ambito di applicazione soggettivo delle ristrutturazioni del debito

Gli accordi di ristrutturazione debiti possono essere proposti da parte dell’imprenditore. Pertanto questi accordi sono aperti anche a coloro che esercitano in quanto imprenditori non ai fini di lucro, oppure di un’attività commerciale, artigiana o agricola nella quale operano come: persona fisica, giuridica, ente collettivo, società pubblica, gruppo di imprese (sono esclusi enti pubblici, lo Stato e grandi imprese soggette ad amministrazione straordinaria o liquidazione amministrativa coatta).

Non si applicano gli accordi di ristrutturazione alle imprese minori, ossia quelle che:

  • Hanno un attivo annuo al di sotto dei trecentomila euro nei tre anni che precedono l’istanza di apertura della liquidazione giudiziale oppure dalla data di apertura dell’attività se questa è inferiore ai tre anni.
  • Hanno un ricavo annuo al di sotto dei 200 mila euro nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza d’apertura dalla liquidazione giudiziale o inizio dell’attività.
  • Infine, coloro che hanno un ammontare di debiti non scaduti che non superano i 150 mila euro.

Articolo 182 bis legge fallimentare: cosa dice

L’art 182 bis legge fallimentare sottolinea che l’imprenditore in stato di crisi può depositare la documentazione per l’omologazione di un accordo per la ristrutturazione del debito che dev’essere stipulata con i creditori rappresentanti e deve coprire almeno il 60% dei crediti.

A questo documento è necessario che il professionista designato da parte del debitore e in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 67, attesti la veridicità dei dati aziendali, attuabilità dell’accordo e assicuri il pagamento dei creditori entro 120 giorni dall’omologazione per i crediti già scaduti, entro 120 giorno dalla scadenza per i debiti non ancora scaduti.

La natura dell’accordo di ristrutturazione e tipologie

L’accordo di ristrutturazione del debito ha una natura privatistica in quanto si tratta di un contratto tra debitore e creditori oppure, in base alla tesi che si vuole considerare, può essere definito anche un concordato preventivo in ragione ai numerosi rimandi alla disciplina.

Il codice della crisi, qualunque sia la natura dell’accordo per la ristrutturazione del debito ha comunque definito tre tipologie specifiche quali:

  • L’accordo Standard e Ordinario: ossia simile a quello che viene disciplinato anche dalla legge fallimentare e definito dall’articolo 182 bis.
  • Un accordo agevolato previsto dal decreto legislativo 14/2018 articolo 60: che permette di accedere più facilmente alla procedura rispetto alla disciplina precedente.
  • Efficacia estesa dell’accordo: anche questo riprende la legge fallimentare, ma permette l’accesso anche ai creditori non finanziari, come previsto dall’articolo 61 del decreto legislativo 14/2019.

Ogni procedura dev’essere in ogni caso avviata attraverso il supporto di professionisti del debito, ossia di avvocati, che possano agire correttamente nella presentazione della documentazione e nella gestione dell’accordo. 

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