Di norma il fallimento viene richiesto dai creditori del debitore. Tuttavia, l’art. 6 della l.f. prevede che in realtà tale procedura possa essere avviata anche dallo stesso debitore – la c.d. istanza di fallimento in proprio – oltre che dal pubblico ministero. Anzi, è lecito affermare che in alcune situazioni il debitore abbia l’obbligo di avviare l’iniziativa di dichiarazione del proprio fallimento.
Ma come presentare istanza di fallimento in proprio? E in cosa consiste il modello di istanza di fallimento in proprio?
Istanza di fallimento in proprio, requisiti e cosa prevede la legge
La legge fallimentare prevede che la richiesta di fallimento debba essere avanzata dal debitore che si trova in uno stato di insolvenza mediante ricorso. In questo caso non è nemmeno previsto il patrocinio di un difensore.
Naturalmente, nell’ipotesi in cui l’impresa appartenga a un soggetto minore o a un interdetto, gestita dal genitore, la richiesta di fallimento dovrebbe essere autorizzata dal giudice.
Istanza di fallimento in proprio fac simile
Per agevolare la procedura, nelle cancellerie dei tribunali sono a disposizione dei modelli di istanza di fallimento in proprio, che il debitore non dovrà far altro che compilare con i propri dati. In ogni caso, un modello di istanza di fallimento in proprio srl, utilizzabile anche per altre forme societarie, è il seguente:
Istanza del debitore per la dichiarazione di fallimento (da redigere su carta bollata)
Al Tribunale di …..
Richiesta di fallimento in proprio (art. 6 e 14 l.f.)
Il sottoscritto….., (carica societaria) della Società….., in forza dei poteri conferitigli dalla assemblea dei soci data….. (o, in forza dei poteri statutari),
P R E M E S S O
che la società….. è impresa commerciale con sede in…..;
che la stessa non è più grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, come risulta dalla prodotta situazione patrimoniale aggiornata alla data del…..;
che, con particolare riferimento alle cause del dissesto, si precisa che…..,
C H I E D E
che sia dichiarato il fallimento della società….. (eventualmente, anche del socio illimitatamente responsabile…..].
Cosa allegare all’istanza di fallimento in proprio
All’istanza di fallimento in proprio occorre allegare una serie di documenti che dipendono dalla natura del soggetto per cui si desidera dichiarare il fallimento.
In linea di massima, costituisce comunque un kit documentale sempre presente il certificato della C.C.I.A.A. territorialmente, presso cui si è iscritta la società, la situazione patrimoniale a data più prossima, il verbale di assemblea con cui colui che presenta l’istanza è stato autorizzato a tale operazione, i documenti contabili, come il bilancio degli ultimi due anni, lo stato particolareggiato ed estimativo delle attività, l’elenco dei creditori e dei rispettivi crediti, e ancora l’elenco dei terzi che vantano diritti reali su cose in possesso del sottoscritto, con indicazione delle cose e del titolo del diritto.
Come abbiamo anticipato, non è necessaria la presenza di un difensore legale per potersi far assistere nella presentazione di questa istanza. Tuttavia, risulta evidentemente consigliabile effettuare questo tipo di operazioni solo ed esclusivamente dopo essersi consultati con dei consulenti che possano verificare l’effettiva necessità o convenienza a procedere in questa direzione.
È infatti possibile evitare il fallimento proponendo altre strade di risoluzione giudiziale o extragiudiziale della propria crisi da debito, che nella nostra agenzia siamo lieti di condividere con tutti i nostri clienti attuali e futuri. Se vuoi saperne di più ti consigliamo di contattarci ai recapiti che trovi in ogni pagina: uno dei nostri specialisti del debito ti ricontatterà in tempi rapidi per discutere della tua situazione e delle soluzioni che la legge prospetta a chi, come te, vuole riappropriarsi di un migliore equilibrio economico finanziario.
Fallimento in proprio, quando è obbligatorio richiederlo
Come abbiamo anticipato in apertura di questo approfondimento, in alcuni casi il fallimento in proprio diventa un vero e proprio obbligo.
A sancirlo è l’art. 14 della l.f., rubricato Obbligo dell’imprenditore che chiede il proprio fallimento, che lascia intendere che il debitore imprenditore che si trovi in uno stato di insolvenza debba richiedere il proprio fallimento.
In senso stretto, però, l’obbligo diventa tale, e viene dunque penalmente sanzionato, nell’ipotesi prevista dall’art. 217 l.f., co. 4, relativo alla bancarotta semplice, reato che si consuma anche quando l’imprenditore “ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa”.
Da quanto sopra ne deriva uno spunto che mi sento di condividere con tutti i lettori: se la situazione di insolvenza è manifesta o probabile, e se gli inadempimenti si stanno già verificando, è bene prendere in mano la propria situazione prevenendo effetti più gravi e definitivi.
Meglio dunque prendere atto dello stato di difficoltà della propria attività e cercare, senza indugi, delle soluzioni per uscire dalle condizioni di sovraindebitamento che stanno minando la sostenibilità del proprio business.
Come più volte ho avuto modo di illustrare su questo sito, il fallimento è solamente una delle soluzioni previste dal legislatore (e, per certi versi, raramente quella più utile). È infatti possibile proseguire la propria attività di impresa o professionale in regime di continuità, cercando con i propri creditori una soluzione che possa essere pienamente soddisfacente per entrambe le parti e, così facendo, ritrovando un pronto equilibrio che possa permettere di riprendere in mano le redini del proprio lavoro e della propria impresa.
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